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MERAVIGLIOSE

di Claudia Parzani e Francesca Isola

a cura di Maria Procopio

 

E’ un testo che, per molti versi, è assimilabile a un libro di self help o autoaiuto. Le autrici sono due donne, Claudia Parzani e Francesca Isola, che lo hanno scritto a quattro mani durante il periodo della pandemia anno 2020. Il progetto è nato da una idea precedente la pandemia, che era quella di realizzare uno spettacolo sulla felicità, poiché loro si sentivano guidate da una forte motivazione che era appunto quella della ricerca della felicità. L’idea dello spettacolo, pertanto, si è trasformata in quella di scrivere un libro e il periodo del lockdown, chiuse in casa, sembrava il momento migliore per farlo, ma in realtà il lavoro stentava a decollare. Nella condivisione delle difficoltà di scrittura, Francesca evidenziava come la presenza delle “ragazze”, che continuavano a litigare tra di loro, discutendo e contrapponendosi su tutto, la mandasse in confusione e le impedisse di iniziare a scrivere. Ma, parlando di ragazze, l’autrice non intendeva riferirsi a persone in carne e ossa, ma piuttosto alle diverse parti di sé, alle sfaccettature della propria personalità, che abitavano, come in un condominio, il mondo interiore. L’altra autrice, Claudia Parzani, ha capito che l’ascolto di queste voci, come espressione di personaggi in cerca d’autore, poteva invece essere un buon punto di partenza, cui lei avrebbe potuto aggiungere considerazioni, riflessioni, teorie e pensieri vari. E così, tra conversazioni e chiacchierate quotidiane tra le due autrici si è creata l’occasione, non solo per scrivere il libro, ma anche per conoscersi meglio, ripensarsi e magari, come appunto dicono, ricominciare.

Mi interessa sottolineare, prima di entrare nel contenuto del libro, come le voci delle autrici siano voci di donne, non voci neutre. Loro parlano con la consapevolezza di essere donne, lo fanno in maniera spontanea, naturale, senza dichiarazioni di intenti, praticano il partire da sé e la fedeltà alla propria identità sessuata perché l’universo femminile è ciò che conoscono e di cui hanno esperienza diretta. Da questa consapevolezza nascono i personaggi cui danno parola.

Ora proviamo a seguire i contenuti del libro.

I personaggi individuati che abitano il “condominio interiore” sono 10 e ad ognuno di loro viene attribuito un nome: Musa, Franziska, Libera, Madre Coraggio, la Ragazza da favola, Spavalda, Cassandra, Serena, Espansa, la Divina.

Non tutte abitano contemporaneamente il condominio o si manifestano nello stesso tempo. Le abitanti del condominio tendono a darsi il cambio non in base ad un preciso criterio, ma piuttosto è il verificarsi di situazioni, atteggiamenti, parole, a svolgere una funzione di richiamo ed a contribuire a far prendere la scena ad una piuttosto che ad un’altra, facendole occupare il posto a volte anche per un lungo periodo.

Per ognuna delle parti o delle “ragazze”, vengono messi in evidenza gli aspetti positivi ma anche i limiti, e poi viene sviluppato un ragionamento su come superare questi ultimi per trarne invece indicazione e vie di cambiamento.

MUSA: abita nell’attico del condominio interiore, nella parte più alta, da dove può avere una vista aperta sull’orizzonte, senza confini né spaziali né temporali. E’ la parte creativa, quella libera dagli schemi e dalle routine, attratta dalle novità e da nuove esperienze, e che spinge a coltivare il desiderio della scoperta e della creatività. Viene sottolineato che, tra tutte le ragazze del condominio, Musa è quella che meglio interpreta la straordinaria rete di connessioni tipica del cervello femminile, che consiste nella capacità di mettere in collegamento ogni cosa che accade in noi e intorno a noi a tutte le altre ed all’universo intero. Pensiamo ad un’idea o ad un progetto che subito ne tira fuori un altro e poi un altro ancora. Ma, avere tante idee creative ed immaginare di fare una molteplicità di cose, si può scontrare, concretamente, con un non fare niente, un restare ferme. Il rischio è che la velocità della nostra immaginazione sia inversamente proporzionale alla lentezza del nostro agire. Si immagina, si fanno sogni grandiosi ad occhi aperti, tanto sognare non costa nulla, abbellendo anche, in questo modo, i momenti bui o grigi della nostra vita, senza in realtà riuscire a modificare nulla della propria vita quotidiana, anzi a volte questo può diventare una trappola perché si trasforma in fantasticheria difficile da lasciare per scendere nel mondo reale. Perché nel mondo dei sogni tutto è perfetto e nella realtà invece….

Partendo dall’esperienza personale le autrici dicono che si può fare spazio alla creatività già nella propria vita personale e professionale, nel qui ed ora che viviamo ed abitiamo, lasciando che i colori che amiamo prendano possesso del nostro spazio. L’invito è quello di coltivare i propri talenti, di essere autentiche, rispettose della propria ricchezza interiore ed imparare a dar seguito alla creatività perché non rimanga un esercizio di fantasia.

FRANZISKA: scritto con la k per un richiamo esplicito alla lingua tedesca, è in stretta relazione con la dimensione del dovere. Tutto il contrario di Musa, infatti la mette fuori gioco, è un richiamo costante al dovere, al senso di colpa ed all’idea di perfezionismo. Viene sottolineato come sia il riflesso del pensiero ipercritico che spinge a trovare per forza qualcosa di sbagliato in noi. Per Franziska è come se non esistesse il piacere ed il divertimento, si è al mondo soltanto per operare all’insegna del dovere, tutto ciò che deroga a questo imperativo provoca grandi sensi di colpa. Inoltre, è quella voce interiore che giudica inesorabilmente e che dice che ogni cosa che facciamo non va bene, o, peggio, che siamo noi come persone a non andare bene. Oppure pronta a sottolineare che, anche se avessimo fatto cose grandi, abbiamo solo fatto il nostro dovere, nulla di più!

Viene definita anche come la Signora del condominio perché, fra tutte, è la più brava ad imporsi. I suoi tre ammonimenti sono: primo: nella vita non si può far sempre ciò che si vuole, secondo: prima il dovere e poi il piacere, terzo: o mangi questa minestra o salti dalla finestra. Franziska, che in fondo non è altro che il nostro giudizio spietato su noi stesse, non ci lascia molte vie di scampo se non siamo preparate a fronteggiarla, perché lei non attacca sul fare, attacca sull’essere. Quando governa lei, con la sua rigidità, rende noi ugualmente rigide nella mente e nel corpo. E tutto questo provoca un circolo vizioso, perché se Franziska spara a zero su di noi, noi a nostra volta spariamo a zero sugli altri.

Come si fa a fronteggiare questo enorme senso del dovere ed il conseguente senso di colpa? E’ necessario un cambio di paradigma. La prima cosa è rinunciare all’idea di perfezione, accettare il fatto che cerchiamo di fare ciò che è possibile fare, ma abbiamo dei limiti come esseri umani, non abbiamo poteri magici. Il senso del dovere e le regole possono essere utili in alcuni momenti per affrontar situazioni difficili, ma possiamo imparare a volerci bene e a non metterci in croce quando alcune cose non ci sono possibili o non abbiamo voglia di farle.

LIBERA: contrariamente a Franziska, lei ha voglia di vivere nel momento presente, libera da costrizioni e fuori dagli schemi usuali. Non si ispira alle favole che vedono le fanciulle obbedienti e in attesa del principe che le svegli, ma semmai vuole essere come la fatina dai mille poteri, che con la bacchetta magica ha il potere di cambiare la propria vita. E’ il voglio contro il devo. E’ l’impulso, l’istinto, la forza vitale che spinge ad accogliere ogni occasione di piacere, di divertimento, di scoperta, anche a costo di farsi un po' male. Nello stesso tempo, come rovescio della medaglia, Libera è la contestatrice che spinge a rovesciare e disubbidire alle regole, ribelle e intollerante alle norme per principio. Il desiderio di nuovi stimoli porta a non assumersi responsabilità, a rimandare le cose da fare per non sentirsi obbligate, a non legarsi per molto tempo alle stesse persone o concentrarsi su di un progetto perché altrimenti ci si sente soffocare.

Tra Libera e Franziska come si fa a muoversi? Come sempre la mediazione è necessaria. Se le regole si rispettano perché è uno dei fondamenti del vivere civile, nello stesso tempo vanno analizzate criticamente rifiutando l’atteggiamento dogmatico: non si infrangono per gioco, noia o ribellione sterile, ma a volte alcune regole si possono cambiare per migliorare. Come dice Claudia, lei, accettando delle regole, le sue lotte le ha condotte all’interno del sistema per cambiarlo, sottolineando che non ha senso infrangere tutte le regole e tutte assieme: è meglio scegliere per rilevanza.

MADRE CORAGGIO: è sempre disponibile ad aiutare chi ha bisogno, qualsiasi richiesta le venga rivolta si fa in quattro per soddisfarla, anche facendo piccoli o grandi sacrifici nella propria vita personale, perché il fatto di aiutare gli altri fa sentire come persone meravigliose. A volte, è vero, non se ne può più, si vorrebbe dire un no, ma ciò è impossibile perché questo significherebbe non essere appunto quella persona meravigliosa che appare agli occhi degli altri. Con Madre Coraggio, dicono le autrici, risaliamo alle origini del nostro condominio, alla tendenza a prendersi cura degli altri che sembra contraddistinguere ogni donna. Loro affermano che non si tratta di condizionamenti culturali o imposizioni dall’esterno, ma di qualcosa che è legato alla nostra natura biologica di madri, che si traduce, al di là di avere figli, nella capacità di accoglienza, cura e disponibilità sette giorni su sette. La porta di Madre coraggio è sempre aperta. E se ha voglia, a volte, di mandare tutti a quel paese e dire di no, non può farlo perché è collegata al senso di colpa e quindi a Franziska. Per Madre Coraggio c’è l’impossibilità di dire di no, anche se negli ultimi anni la scoperta del “sano egoismo” può essere stato un aiuto in tal senso.

Come si fa a trovare un sano equilibrio tra le aspettative proprie e quelle altrui? Come si fa ad imparare a dire di no? La prima cosa è imparare a non creare legami condizionanti, che è quello di mettersi nella situazione di farsi chiedere qualcosa, provare a fare quello che è possibile senza annullarsi per gli altri, darsi dei limiti temporali nella propria disponibilità, trovarsi dei riti personali di ricarica energetica, magari nella natura, pensare di non essere indispensabili, le cose si risolvono anche senza di noi. Oppure si può scegliere a cosa dedicare più energia, magari privilegiando le situazioni in cui si può avere un maggiore impatto. Infine, all’interno delle relazioni in cui viviamo e che ci rimandano a una molteplicità di emozioni, possiamo imparare ad avere cura di noi e del nostro spazio, se accogliamo la cura verso noi stesse la relazione con l’altro innegabilmente si modifica ma si arricchisce.

LA RAGAZZA DA FAVOLA: è sensibile, anzi ipersensibile, piange per un nonnulla, ma non riesce a spiegare perché, si aspetta che gli altri comprendano le sue motivazioni ed i suoi stati d’animo senza che lei debba parlare. Magari vuole essere aiutata ma senza che debba esprimere una richiesta di aiuto. E’ l’eredità dei personaggi femminili delle favole: fragili, sole bisognose che qualcuno, in genere il cosiddetto Principe Azzurro, venga a salvarla ed a cui poi sono pronte ad affidare la propria vita. Questo bisogno di qualcuno che venga in soccorso, a cui appoggiarsi, e che risolva per noi piccole o grandi difficoltà della vita, porta al rischio di affidarsi al primo uomo di passaggio.

Il punto di equilibrio con la ragazza da favola è quello di riconoscere che, anche se è importante essere autonome, sapersi prendere cura di se stesse, ed essere artefici della propria felicità, non c’è nulla di male ad avere desiderio a volte di affidarsi a qualcun altro, di riconoscere la propria fragilità o la propria stanchezza. Occorre evitare il rischio di trasformarsi in “ragazze che non devono chiedere mai”, si può recuperare un sano romanticismo sfrondato dagli strascichi fiabeschi e modellato invece a propria misura, si può riscoprire quanto sia naturale aver bisogno degli altri senza per questo snaturare la propria personalità. E’ un equilibrio delicato quello tra Libera e Ragazza da Favola. Possono essere buoni strumenti della ragazza da favola: il sorriso e la gentilezza.

SPAVALDA: è la nostra supereroina interiore, che con la sua sicurezza, si oppone alla ragazza da favola. Per una delle autrici, Claudia, il passaggio dall’una all’altra è avvenuto nel processo di crescita dall’infanzia all’adolescenza: già da bambina c’era la consapevolezza che la condizione femminile si sarebbe portata dietro una serie di effetti non trascurabili, accompagnata dalla familiarizzazione con il Manuale di comportamento della brava ragazza che non fa o dice nulla di disdicevole, dice sì ad ogni richiesta ed è sempre pronta ad occuparsi delle faccende domestiche. E per affrontare tutto questo, ispirarsi alle principesse delle favole poteva essere una strategia vincente per non doversela sbrigare da sole. Ma ad un certo punto, nella vita bambina dell’autrice irrompe il passaggio da Candy Candy, tutta sorrisi e battito di ciglia, a Lady Oscar, che si ritrova nata femmina al posto del maschio che il padre avrebbe voluto. E’ una tragedia: come si fa a non sentirsi in colpa per non essere il maschietto che il papà desiderava? L’unico modo possibile sembra quello di cercare di somigliargli quanto più possibile. Da qui nasce Spavalda: incarna la parte maschile di noi, l’indomita guerriera che ci spinge a fare e ancora a fare, sempre di più e sempre più rapide. E’ una grande fatica ma tutti i giorni siamo costrette a fare i conti con la sua voce quando siamo chiamate a tenere in equilibrio i nostri ruoli familiari, domestici, professionali. Perché lei non si spaventa di nulla, è multitutto: multitasking (capacità di fare più cose contemporaneamente, multiperforming (multiperformante), e così via. I suoi ritmi sono superlativi, mai un cedimento, con passaggio da una situazione o da un ruolo all’altro sempre tesa a superare i propri limiti. Ma quanto a lungo, l’autrice si domanda, si può resistere prima che il nostro corpo si ribelli?

Forse Spavalda deve dialogare un po' con la Ragazza da Favola per scoprire ed accettare che si hanno dei limiti, che è importante volersi bene e chiedere a noi stesse il giusto e non spingersi sempre oltre, che fa bene anche accettare l’aiuto di qualcuno e condividere le responsabilità, con il coraggio di mostrarsi anche vulnerabili. Così si può scoprire un nuovo modo di essere indipendente senza essere spavalda.

CASSANDRA: diversamente da Spavalda, lei è molto prudente, timorosa dei pericoli, convinta della massima: “niente passi falsi. Anzi, niente passi e basta!”  inoltre, all’interno del condominio, aggiorna “l’archivio”: quello di tutti gli errori commessi, delle cose andate male, delle delusioni, delle sofferenze psichiche ed emotive. Nella catalogazione che lei tiene non c’è posto per le cose belle, per i successi conseguiti o i sogni realizzati. Sta di solito nascosta dentro di noi e si manifesta non appena si accorge che sta per nascere una nuova idea o un nuovo sentimento. E allora via con gli allarmi, che generano un circolo di incertezza: lo faccio o non lo faccio? E se poi succede che…? E così via. La sua è la voce dell’ansia, del tentativo di avere tutto sotto controllo, della paura. Tutte le forme di controllo che esercitiamo sugli altri sono dettate dalle nostre paure e tutte le forme di controllo che gli altri esercitano su di noi sono legate alle loro paure.

Che fare con lei? Forse il primo passo è riconoscerla, accettare il fatto che anche lei fa parte del nostro mondo interiore. Perché se la riconosciamo forse possiamo anche dialogarci, perché lei comunque è la parte di noi che vuole proteggerci, quindi se riusciamo a sentire questa parte protettiva forse possiamo non viverla come nemica. Possiamo così decidere se vogliamo essere salvate da ciò che la mette in allarme oppure decidiamo di buttarci in qualsiasi modo vada. Ma, siccome nella realtà le cose non sempre vanno come vogliamo, imparando a comprenderne il senso, impareremo anche a proteggerci, a farci meno male.

SERENA: è una delle ultime arrivate nel condominio. È figlia di tutte le pratiche di centratura e di consapevolezza: zen, yoga, meditazione, mindfulness. E’ quella che invita a fermarsi, a fare silenzio nella mente e nel cuore, a vivere il momento presente, a scoprire che anche le difficoltà possono essere meravigliose opportunità. Tutto questo cozza con le altre ragazze, perché non è facile accettare l’idea di abbandonare ogni aspettativa e vivere solo nell’attimo presente. Però se le si dedica un po' di attenzione si possono avere dei mutamenti importanti. Si può imparare ad ascoltare il corpo ed a capire come nutrirlo, a dare spazio al sentire piuttosto che al pensare, a scoprire la gioia della gratitudine, a cogliere le connessioni, invisibili ma reali, con gli altri e con il mondo. I percorsi per avvicinarsi a momenti di serenità sono: imparare a respirare, imparare a meditare.

ESPANSA: non ama la ricerca interiore di Serena, lei ama tutto ciò che è incontro, ritrovo, festa. Si muove felice in una girandola di faccio cose – vedo gente – esco, chatto, posto, twitto. Alimenta e moltiplica i contatti sociali, non solo quelli reali ma anche quelli virtuali, con l’utilizzo di tutte le piattaforme digitali per conferenze, meeting, reading, colazioni, aperitivi, cene condivise e chi più ne ha più ne metta.

Perché anche Espansa possa essere una parte positiva di noi, è importante chiedersi che tipo di network abbiamo creato: professionale o personale? aperto o chiuso? Ampio o selezionato? Colorato o monocromatico? E così via. E come viene coltivato? Porsi queste domande e cercare di dare ad esse una risposta aiuta a trovare il proprio stile per costruire relazioni, per saper creare ponti e connessioni. Sarebbe utile rappresentare il proprio network come una pianta, ad ognuna/o la sua. L’acqua che serve per innaffiare la pianta è la metafora dei contenuti di cui nutriamo la nostra rete. E’ importante sapere con quale acqua irrighiamo il nostro network. La rete dei contatti, se ben costruita e nutrita, può essere utile per sviluppare le proprie idee ed i propri progetti. E sono più spesso le donne a rammaricarsi di non aver costruito, impegnate e vivere le altre vite che vengono loro assegnate, una rete di contatti capace di offrire aiuto e sostegno, cosa che invece fanno meglio i maschi.

LA DIVINA: alla fine di questo viaggio troviamo lei, non la si può raccontare, la si può solo adorare, ma da lontano. Perché lei è sempre oltre, in un luogo in cui i comuni mortali non riescono ad arrivare, per poi dileguarsi quando la realtà comune le è venuta a noia. Lei si sente unica, diversa, speciale, certo non un tipo da condominio. Chi di noi a volte non si è sentita così, unica, speciale, migliore delle altre? E’ una parte di noi che diventa difficile riconoscere, anche perché risulta antipatica agli altri, ma, a guardar bene, cos’è l’irritazione che ci prende se qualcuno si azzarda a dire che siamo normali, banali, uguali a tutte le altre?  Perché a nessuna di noi piace sentirsi dire che è banale e ordinaria. Il punto è che la nostra Divina interiore si nutre solo degli apprezzamenti altrui e questo espone a notevoli rischi (ritrovarsi alle prese con la sindrome della prima donna, oppure prendere derive poco piacevoli). Il meccanismo in gioco è quello del narcisismo: la divina si ritira dal mondo a dalle relazioni che l’annoiano per conversare con l’unica persona che più stima, ovvero se stessa. Forse sarebbe meglio insegnare a questa parte di noi a trovare in se stessa il riconoscimento che le è così necessario. Per fare questo è utile la consapevolezza di chi si è, conoscere se stesse, i propri valori e le proprie fragilità, ma anche la propria forza. Riconoscere con gratitudine ciò che abbiamo, cogliere lo splendore delle piccole cose, apprezzare noi stesse quando riusciamo a fare qualcosa. Cercare di vivere pienamente la vita che abbiamo, e quanto più lo facciamo, tanto più lo faranno gli altri intorno a noi. Possiamo essere un modello con il nostro esempio e, testimoniando il nostro modo di essere, si può dare agli altri una opportunità.

Fin qui, riassunti in breve, i contenuti del libro.

Come sempre, in un testo di self help, l’aspetto psicologico è rilevante. Sono in gioco: le istanze psichiche che formano il Sé: Inconscio, Io, Super Io ed Ideale dell’Io o Sé Ideale, emozioni, stati mentali, meccanismi psicologici vari. Sicuramente un posto di rilievo, nel libro, lo occupa il Super Io, che molto ha a che fare con Franziska e cioè con il senso del dovere e con il giudizio critico, a volte molto severo.

L’Io Ideale è qualcosa a cui tendiamo, il nostro modello di come dovremmo essere come persone. E’ un meccanismo importante ma anche rischioso, quanto più tende alla perfezione tanto più ci mette in situazioni di scacco. Ci poniamo degli obiettivi ma la paura di non riuscire a raggiungerli nella perfezione con cui li abbiamo immaginati può portare al blocco. Il rischio è come può succedere a Musa: l’immaginazione sconfina nella fantasticheria, si immaginano cose grandiose ma non si riesce a mettersi in gioco nel mondo reale, rimanendo spesso in uno stato che assume tonalità depressive. Oppure può avere a che fare con Madre Coraggio, e quindi con l’immagine ideale che ci siamo costruita di noi e che vogliamo che gli altri vedano. E facciamo di tutto per mantenere questa immagine sublime.

All’opposto, Libera o Spavalda richiamano la tendenza all’eccesso con la difficoltà a riconoscersi dei limiti.

Dimensioni quali stati mentali ed emozioni sono ben rappresentati attraverso le ragazze: la paura e l’insicurezza, ma anche il desiderio ed il coraggio di osare, l’ansia che si cerca di gestire attraverso meccanismo di controllo; il senso di colpa, che pure ha una funzione importante nell’economia psichica. Infatti, nella giusta misura, assume una funzione di regolazione e di elaborazione di quegli impulsi diretti ad aggredire ed a volte distruggere l’oggetto affettivo, poiché attiva i meccanismi della riparazione e del riconoscimento verso l’oggetto d’amore. Ma quando non si riescono ad attivare questi processi, il senso di colpa può portare a disagi vari di ordine emotivo. Si fa riferimento al narcisismo, con la sua ricaduta nel rapporto interpersonale e col mondo. Un aspetto importante che viene messo in evidenza, attraverso Spavalda, è il riferimento alla parte maschile che è in noi, il cui emergere viene ricondotto ad una evoluzione della femminilità che ricorda la teoria freudiana: il passaggio da Candy Candy a Lady Oscar, come figlia del padre, ricorda il concetto della bambina che si scopre come essere mancante, che come tale non può essere amata dal padre e quindi si adopera per diventare il figlio che, immagina, il padre avrebbe desiderato. Su questo, per fortuna, la teoria elaborata dalle studiose psicoanalitiche è andata molto avanti. Oggi sappiamo che la considerazione di alcuni tratti che, in origine, venivano etichettati in maniera piuttosto rigida come attributi maschili o femminili, si è modificata. Ci sono aspetti della psiche (quali, ad esempio: sensibilità, emotività, forza, durezza, intraprendenza, coraggio, disponibilità ai comportamenti di cura) che, quando li ritroviamo in ognuna/o di noi, li accettiamo come parti integranti del nostro Sé, che si determina nell’interazione tra natura e cultura, senza per questo sentirci meno donne o meno uomini.

In tutto questo universo, che comprende il richiamo all’equilibrio, alla mediazione, al saper riconoscere gli aspetti positivi di tutte le abitanti del condominio interiore, la funzione rilevante è svolta dall’Io, che è quell’istanza psichica che presiede all’adattamento, al confronto e al dialogo nell’interazione con la realtà, che ci permette di stare al mondo con sufficiente agio e signoria.

Un ultimo riferimento vorrei farlo all’invito ripetuto delle due autrici ad amare e ad essere felici. Infatti, come loro affermano, anche se non siamo perfette, anche se le nostre parti spesso sono in conflitto, tutte queste parti siamo noi. E rappresentano la nostra unicità, la nostra bellezza, la nostra ricchezza, che ci permettono, nel rispetto e nell’amore per noi stesse, di trovare la nostra musica personale e di scoprire i nostri talenti, lottando anche, se necessario, per affermarli.

Vorrei concludere con una frase che si trova alla fine del libro: “ricordiamoci che questo mondo – le nazioni, le aziende, le città, le famiglie, gli individui – ha bisogno delle donne. Di tutte noi, e di tutte le donne che sono in noi”.

Soverato, 26 maggio 2021

 

 

 

 CLAUDIA PARZANI FRANCESCA ISOLA

 

 

 
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