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MERAVIGLIOSE
di
Claudia Parzani e Francesca Isola
a
cura di Maria Procopio
E’
un testo che, per molti versi, è assimilabile a un libro di self
help o autoaiuto. Le autrici sono due donne, Claudia Parzani e
Francesca Isola, che lo hanno scritto a quattro mani durante il
periodo della pandemia anno 2020. Il progetto è nato da una idea
precedente la pandemia, che era quella di realizzare uno spettacolo
sulla felicità, poiché loro si sentivano guidate da una forte
motivazione che era appunto quella della ricerca della felicità.
L’idea dello spettacolo, pertanto, si è trasformata in quella di
scrivere un libro e il periodo del lockdown, chiuse in casa, sembrava
il momento migliore per farlo, ma in realtà il lavoro stentava a
decollare. Nella condivisione delle difficoltà di scrittura,
Francesca evidenziava come la presenza delle “ragazze”, che
continuavano a litigare tra di loro, discutendo e contrapponendosi su
tutto, la mandasse in confusione e le impedisse di iniziare a
scrivere. Ma, parlando di ragazze, l’autrice non intendeva
riferirsi a persone in carne e ossa, ma piuttosto alle diverse parti
di sé, alle sfaccettature della propria personalità, che abitavano,
come in un condominio, il mondo interiore. L’altra autrice, Claudia
Parzani, ha capito che l’ascolto di queste voci, come espressione
di personaggi in cerca d’autore, poteva invece essere un buon punto
di partenza, cui lei avrebbe potuto aggiungere considerazioni,
riflessioni, teorie e pensieri vari. E così, tra conversazioni e
chiacchierate quotidiane tra le due autrici si è creata l’occasione,
non solo per scrivere il libro, ma anche per conoscersi meglio,
ripensarsi e magari, come appunto dicono, ricominciare.
Mi
interessa sottolineare, prima di entrare nel contenuto del libro,
come le voci delle autrici siano voci di donne, non voci neutre. Loro
parlano con la consapevolezza di essere donne, lo fanno in maniera
spontanea, naturale, senza dichiarazioni di intenti, praticano il
partire da sé e la fedeltà alla propria identità sessuata perché
l’universo femminile è ciò che conoscono e di cui hanno
esperienza diretta. Da questa consapevolezza nascono i personaggi cui
danno parola.
Ora
proviamo a seguire i contenuti del libro.
I
personaggi individuati che abitano il “condominio interiore” sono
10 e ad ognuno di loro viene attribuito un nome: Musa, Franziska,
Libera, Madre Coraggio, la Ragazza da favola, Spavalda, Cassandra,
Serena, Espansa, la Divina.
Non
tutte abitano contemporaneamente il condominio o si manifestano nello
stesso tempo. Le abitanti del condominio tendono a darsi il cambio
non in base ad un preciso criterio, ma piuttosto è il verificarsi di
situazioni, atteggiamenti, parole, a svolgere una funzione di
richiamo ed a contribuire a far prendere la scena ad una piuttosto
che ad un’altra, facendole occupare il posto a volte anche per un
lungo periodo.
Per
ognuna delle parti o delle “ragazze”, vengono messi in evidenza
gli aspetti positivi ma anche i limiti, e poi viene sviluppato un
ragionamento su come superare questi ultimi per trarne invece
indicazione e vie di cambiamento.
MUSA:
abita nell’attico del condominio interiore, nella parte più alta,
da dove può avere una vista aperta sull’orizzonte, senza confini
né spaziali né temporali. E’ la parte creativa, quella libera
dagli schemi e dalle routine, attratta dalle novità e da nuove
esperienze, e che spinge a coltivare il desiderio della scoperta e
della creatività. Viene sottolineato che, tra tutte le ragazze del
condominio, Musa è quella che meglio interpreta la straordinaria
rete di connessioni tipica del cervello femminile, che consiste nella
capacità di mettere in collegamento ogni cosa che accade in noi e
intorno a noi a tutte le altre ed all’universo intero. Pensiamo ad
un’idea o ad un progetto che subito ne tira fuori un altro e poi un
altro ancora. Ma, avere tante idee creative ed immaginare di fare una
molteplicità di cose, si può scontrare, concretamente, con un non
fare niente, un restare ferme. Il rischio è che la velocità della
nostra immaginazione sia inversamente proporzionale alla lentezza del
nostro agire. Si immagina, si fanno sogni grandiosi ad occhi aperti,
tanto sognare non costa nulla, abbellendo anche, in questo modo, i
momenti bui o grigi della nostra vita, senza in realtà riuscire a
modificare nulla della propria vita quotidiana, anzi a volte questo
può diventare una trappola perché si trasforma in fantasticheria
difficile da lasciare per scendere nel mondo reale. Perché nel mondo
dei sogni tutto è perfetto e nella realtà invece….
Partendo
dall’esperienza personale le autrici dicono che si può fare spazio
alla creatività già nella propria vita personale e professionale,
nel qui ed ora che viviamo ed abitiamo, lasciando che i colori che
amiamo prendano possesso del nostro spazio. L’invito è quello di
coltivare i propri talenti, di essere autentiche, rispettose della
propria ricchezza interiore ed imparare a dar seguito alla creatività
perché non rimanga un esercizio di fantasia.
FRANZISKA:
scritto con la k per un richiamo esplicito alla lingua tedesca, è in
stretta relazione con la dimensione del dovere. Tutto il contrario di
Musa, infatti la mette fuori gioco, è un richiamo costante al
dovere, al senso di colpa ed all’idea di perfezionismo. Viene
sottolineato come sia il riflesso del pensiero ipercritico che spinge
a trovare per forza qualcosa di sbagliato in noi. Per Franziska è
come se non esistesse il piacere ed il divertimento, si è al mondo
soltanto per operare all’insegna del dovere, tutto ciò che deroga
a questo imperativo provoca grandi sensi di colpa. Inoltre, è quella
voce interiore che giudica inesorabilmente e che dice che ogni cosa
che facciamo non va bene, o, peggio, che siamo noi come persone a non
andare bene. Oppure pronta a sottolineare che, anche se avessimo
fatto cose grandi, abbiamo solo fatto il nostro dovere, nulla di più!
Viene
definita anche come la Signora del condominio perché, fra tutte, è
la più brava ad imporsi. I suoi tre ammonimenti sono: primo: nella
vita non si può far sempre ciò che si vuole, secondo: prima il
dovere e poi il piacere, terzo: o mangi questa minestra o salti dalla
finestra. Franziska, che in fondo non è altro che il nostro giudizio
spietato su noi stesse, non ci lascia molte vie di scampo se non
siamo preparate a fronteggiarla, perché lei non attacca sul fare,
attacca sull’essere. Quando governa lei, con la sua rigidità,
rende noi ugualmente rigide nella mente e nel corpo. E tutto questo
provoca un circolo vizioso, perché se Franziska spara a zero su di
noi, noi a nostra volta spariamo a zero sugli altri.
Come
si fa a fronteggiare questo enorme senso del dovere ed il conseguente
senso di colpa? E’ necessario un cambio di paradigma. La prima cosa
è rinunciare all’idea di perfezione, accettare il fatto che
cerchiamo di fare ciò che è possibile fare, ma abbiamo dei limiti
come esseri umani, non abbiamo poteri magici. Il senso del dovere e
le regole possono essere utili in alcuni momenti per affrontar
situazioni difficili, ma possiamo imparare a volerci bene e a non
metterci in croce quando alcune cose non ci sono possibili o non
abbiamo voglia di farle.
LIBERA:
contrariamente a Franziska, lei ha voglia di vivere nel momento
presente, libera da costrizioni e fuori dagli schemi usuali. Non si
ispira alle favole che vedono le fanciulle obbedienti e in attesa del
principe che le svegli, ma semmai vuole essere come la fatina dai
mille poteri, che con la bacchetta magica ha il potere di cambiare la
propria vita. E’ il voglio contro il devo. E’ l’impulso,
l’istinto, la forza vitale che spinge ad accogliere ogni occasione
di piacere, di divertimento, di scoperta, anche a costo di farsi un
po' male. Nello stesso tempo, come rovescio della medaglia, Libera è
la contestatrice che spinge a rovesciare e disubbidire alle regole,
ribelle e intollerante alle norme per principio. Il desiderio di
nuovi stimoli porta a non assumersi responsabilità, a rimandare le
cose da fare per non sentirsi obbligate, a non legarsi per molto
tempo alle stesse persone o concentrarsi su di un progetto perché
altrimenti ci si sente soffocare.
Tra
Libera e Franziska come si fa a muoversi? Come sempre la mediazione è
necessaria. Se le regole si rispettano perché è uno dei fondamenti
del vivere civile, nello stesso tempo vanno analizzate criticamente
rifiutando l’atteggiamento dogmatico: non si infrangono per gioco,
noia o ribellione sterile, ma a volte alcune regole si possono
cambiare per migliorare. Come dice Claudia, lei, accettando delle
regole, le sue lotte le ha condotte all’interno del sistema per
cambiarlo, sottolineando che non ha senso infrangere tutte le regole
e tutte assieme: è meglio scegliere per rilevanza.
MADRE
CORAGGIO: è sempre disponibile ad aiutare chi ha bisogno, qualsiasi
richiesta le venga rivolta si fa in quattro per soddisfarla, anche
facendo piccoli o grandi sacrifici nella propria vita personale,
perché il fatto di aiutare gli altri fa sentire come persone
meravigliose. A volte, è vero, non se ne può più, si vorrebbe dire
un no, ma ciò è impossibile perché questo significherebbe non
essere appunto quella persona meravigliosa che appare agli occhi
degli altri. Con Madre Coraggio, dicono le autrici, risaliamo alle
origini del nostro condominio, alla tendenza a prendersi cura degli
altri che sembra contraddistinguere ogni donna. Loro affermano che
non si tratta di condizionamenti culturali o imposizioni
dall’esterno, ma di qualcosa che è legato alla nostra natura
biologica di madri, che si traduce, al di là di avere figli, nella
capacità di accoglienza, cura e disponibilità sette giorni su
sette. La porta di Madre coraggio è sempre aperta. E se ha voglia, a
volte, di mandare tutti a quel paese e dire di no, non può farlo
perché è collegata al senso di colpa e quindi a Franziska. Per
Madre Coraggio c’è l’impossibilità di dire di no, anche se
negli ultimi anni la scoperta del “sano egoismo” può essere
stato un aiuto in tal senso.
Come
si fa a trovare un sano equilibrio tra le aspettative proprie e
quelle altrui? Come si fa ad imparare a dire di no? La prima cosa è
imparare a non creare legami condizionanti, che è quello di mettersi
nella situazione di farsi chiedere qualcosa, provare a fare quello
che è possibile senza annullarsi per gli altri, darsi dei limiti
temporali nella propria disponibilità, trovarsi dei riti personali
di ricarica energetica, magari nella natura, pensare di non essere
indispensabili, le cose si risolvono anche senza di noi. Oppure si
può scegliere a cosa dedicare più energia, magari privilegiando le
situazioni in cui si può avere un maggiore impatto. Infine,
all’interno delle relazioni in cui viviamo e che ci rimandano a una
molteplicità di emozioni, possiamo imparare ad avere cura di noi e
del nostro spazio, se accogliamo la cura verso noi stesse la
relazione con l’altro innegabilmente si modifica ma si arricchisce.
LA
RAGAZZA DA FAVOLA: è sensibile, anzi ipersensibile, piange per un
nonnulla, ma non riesce a spiegare perché, si aspetta che gli altri
comprendano le sue motivazioni ed i suoi stati d’animo senza che
lei debba parlare. Magari vuole essere aiutata ma senza che debba
esprimere una richiesta di aiuto. E’ l’eredità dei personaggi
femminili delle favole: fragili, sole bisognose che qualcuno, in
genere il cosiddetto Principe Azzurro, venga a salvarla ed a cui poi
sono pronte ad affidare la propria vita. Questo bisogno di qualcuno
che venga in soccorso, a cui appoggiarsi, e che risolva per noi
piccole o grandi difficoltà della vita, porta al rischio di
affidarsi al primo uomo di passaggio.
Il
punto di equilibrio con la ragazza da favola è quello di riconoscere
che, anche se è importante essere autonome, sapersi prendere cura di
se stesse, ed essere artefici della propria felicità, non c’è
nulla di male ad avere desiderio a volte di affidarsi a qualcun
altro, di riconoscere la propria fragilità o la propria stanchezza.
Occorre evitare il rischio di trasformarsi in “ragazze che non
devono chiedere mai”, si può recuperare un sano romanticismo
sfrondato dagli strascichi fiabeschi e modellato invece a propria
misura, si può riscoprire quanto sia naturale aver bisogno degli
altri senza per questo snaturare la propria personalità. E’ un
equilibrio delicato quello tra Libera e Ragazza da Favola. Possono
essere buoni strumenti della ragazza da favola: il sorriso e la
gentilezza.
SPAVALDA:
è la nostra supereroina interiore, che con la sua sicurezza, si
oppone alla ragazza da favola. Per una delle autrici, Claudia, il
passaggio dall’una all’altra è avvenuto nel processo di crescita
dall’infanzia all’adolescenza: già da bambina c’era la
consapevolezza che la condizione femminile si sarebbe portata dietro
una serie di effetti non trascurabili, accompagnata dalla
familiarizzazione con il Manuale di comportamento della brava ragazza
che non fa o dice nulla di disdicevole, dice sì ad ogni richiesta ed
è sempre pronta ad occuparsi delle faccende domestiche. E per
affrontare tutto questo, ispirarsi alle principesse delle favole
poteva essere una strategia vincente per non doversela sbrigare da
sole. Ma ad un certo punto, nella vita bambina dell’autrice irrompe
il passaggio da Candy Candy, tutta sorrisi e battito di ciglia, a
Lady Oscar, che si ritrova nata femmina al posto del maschio che il
padre avrebbe voluto. E’ una tragedia: come si fa a non sentirsi in
colpa per non essere il maschietto che il papà desiderava? L’unico
modo possibile sembra quello di cercare di somigliargli quanto più
possibile. Da qui nasce Spavalda: incarna la parte maschile di noi,
l’indomita guerriera che ci spinge a fare e ancora a fare, sempre
di più e sempre più rapide. E’ una grande fatica ma tutti i
giorni siamo costrette a fare i conti con la sua voce quando siamo
chiamate a tenere in equilibrio i nostri ruoli familiari, domestici,
professionali. Perché lei non si spaventa di nulla, è multitutto:
multitasking (capacità di fare più cose contemporaneamente,
multiperforming (multiperformante), e così via. I suoi ritmi sono
superlativi, mai un cedimento, con passaggio da una situazione o da
un ruolo all’altro sempre tesa a superare i propri limiti. Ma
quanto a lungo, l’autrice si domanda, si può resistere prima che
il nostro corpo si ribelli?
Forse
Spavalda deve dialogare un po' con la Ragazza da Favola per scoprire
ed accettare che si hanno dei limiti, che è importante volersi bene
e chiedere a noi stesse il giusto e non spingersi sempre oltre, che
fa bene anche accettare l’aiuto di qualcuno e condividere le
responsabilità, con il coraggio di mostrarsi anche vulnerabili. Così
si può scoprire un nuovo modo di essere indipendente senza essere
spavalda.
CASSANDRA:
diversamente da Spavalda, lei è molto prudente, timorosa dei
pericoli, convinta della massima: “niente passi falsi. Anzi, niente
passi e basta!” inoltre, all’interno del condominio,
aggiorna “l’archivio”: quello di tutti gli errori commessi,
delle cose andate male, delle delusioni, delle sofferenze psichiche
ed emotive. Nella catalogazione che lei tiene non c’è posto per le
cose belle, per i successi conseguiti o i sogni realizzati. Sta di
solito nascosta dentro di noi e si manifesta non appena si accorge
che sta per nascere una nuova idea o un nuovo sentimento. E allora
via con gli allarmi, che generano un circolo di incertezza: lo faccio
o non lo faccio? E se poi succede che…? E così via. La sua è la
voce dell’ansia, del tentativo di avere tutto sotto controllo,
della paura. Tutte le forme di controllo che esercitiamo sugli altri
sono dettate dalle nostre paure e tutte le forme di controllo che gli
altri esercitano su di noi sono legate alle loro paure.
Che
fare con lei? Forse il primo passo è riconoscerla, accettare il
fatto che anche lei fa parte del nostro mondo interiore. Perché se
la riconosciamo forse possiamo anche dialogarci, perché lei comunque
è la parte di noi che vuole proteggerci, quindi se riusciamo a
sentire questa parte protettiva forse possiamo non viverla come
nemica. Possiamo così decidere se vogliamo essere salvate da ciò
che la mette in allarme oppure decidiamo di buttarci in qualsiasi
modo vada. Ma, siccome nella realtà le cose non sempre vanno come
vogliamo, imparando a comprenderne il senso, impareremo anche a
proteggerci, a farci meno male.
SERENA:
è una delle ultime arrivate nel condominio. È figlia di tutte le
pratiche di centratura e di consapevolezza: zen, yoga, meditazione,
mindfulness. E’ quella che invita a fermarsi, a fare silenzio nella
mente e nel cuore, a vivere il momento presente, a scoprire che anche
le difficoltà possono essere meravigliose opportunità. Tutto questo
cozza con le altre ragazze, perché non è facile accettare l’idea
di abbandonare ogni aspettativa e vivere solo nell’attimo presente.
Però se le si dedica un po' di attenzione si possono avere dei
mutamenti importanti. Si può imparare ad ascoltare il corpo ed a
capire come nutrirlo, a dare spazio al sentire piuttosto che al
pensare, a scoprire la gioia della gratitudine, a cogliere le
connessioni, invisibili ma reali, con gli altri e con il mondo. I
percorsi per avvicinarsi a momenti di serenità sono: imparare a
respirare, imparare a meditare.
ESPANSA:
non ama la ricerca interiore di Serena, lei ama tutto ciò che è
incontro, ritrovo, festa. Si muove felice in una girandola di faccio
cose – vedo gente – esco, chatto, posto, twitto. Alimenta e
moltiplica i contatti sociali, non solo quelli reali ma anche quelli
virtuali, con l’utilizzo di tutte le piattaforme digitali per
conferenze, meeting, reading, colazioni, aperitivi, cene condivise e
chi più ne ha più ne metta.
Perché
anche Espansa possa essere una parte positiva di noi, è importante
chiedersi che tipo di network abbiamo creato: professionale o
personale? aperto o chiuso? Ampio o selezionato? Colorato o
monocromatico? E così via. E come viene coltivato? Porsi queste
domande e cercare di dare ad esse una risposta aiuta a trovare il
proprio stile per costruire relazioni, per saper creare ponti e
connessioni. Sarebbe utile rappresentare il proprio network come una
pianta, ad ognuna/o la sua. L’acqua che serve per innaffiare la
pianta è la metafora dei contenuti di cui nutriamo la nostra rete.
E’ importante sapere con quale acqua irrighiamo il nostro network.
La rete dei contatti, se ben costruita e nutrita, può essere utile
per sviluppare le proprie idee ed i propri progetti. E sono più
spesso le donne a rammaricarsi di non aver costruito, impegnate e
vivere le altre vite che vengono loro assegnate, una rete di contatti
capace di offrire aiuto e sostegno, cosa che invece fanno meglio i
maschi.
LA
DIVINA: alla fine di questo viaggio troviamo lei, non la si può
raccontare, la si può solo adorare, ma da lontano. Perché lei è
sempre oltre, in un luogo in cui i comuni mortali non riescono ad
arrivare, per poi dileguarsi quando la realtà comune le è venuta a
noia. Lei si sente unica, diversa, speciale, certo non un tipo da
condominio. Chi di noi a volte non si è sentita così, unica,
speciale, migliore delle altre? E’ una parte di noi che diventa
difficile riconoscere, anche perché risulta antipatica agli altri,
ma, a guardar bene, cos’è l’irritazione che ci prende se
qualcuno si azzarda a dire che siamo normali, banali, uguali a tutte
le altre? Perché a nessuna di noi piace sentirsi dire che è
banale e ordinaria. Il punto è che la nostra Divina interiore si
nutre solo degli apprezzamenti altrui e questo espone a notevoli
rischi (ritrovarsi alle prese con la sindrome della prima donna,
oppure prendere derive poco piacevoli). Il meccanismo in gioco è
quello del narcisismo: la divina si ritira dal mondo a dalle
relazioni che l’annoiano per conversare con l’unica persona che
più stima, ovvero se stessa. Forse sarebbe meglio insegnare a questa
parte di noi a trovare in se stessa il riconoscimento che le è così
necessario. Per fare questo è utile la consapevolezza di chi si è,
conoscere se stesse, i propri valori e le proprie fragilità, ma
anche la propria forza. Riconoscere con gratitudine ciò che abbiamo,
cogliere lo splendore delle piccole cose, apprezzare noi stesse
quando riusciamo a fare qualcosa. Cercare di vivere pienamente la
vita che abbiamo, e quanto più lo facciamo, tanto più lo faranno
gli altri intorno a noi. Possiamo essere un modello con il nostro
esempio e, testimoniando il nostro modo di essere, si può dare agli
altri una opportunità.
Fin
qui, riassunti in breve, i contenuti del libro.
Come
sempre, in un testo di self help, l’aspetto psicologico è
rilevante. Sono in gioco: le istanze psichiche che formano il Sé:
Inconscio, Io, Super Io ed Ideale dell’Io o Sé Ideale, emozioni,
stati mentali, meccanismi psicologici vari. Sicuramente un posto di
rilievo, nel libro, lo occupa il Super Io, che molto ha a che fare
con Franziska e cioè con il senso del dovere e con il giudizio
critico, a volte molto severo.
L’Io
Ideale è qualcosa a cui tendiamo, il nostro modello di come dovremmo
essere come persone. E’ un meccanismo importante ma anche
rischioso, quanto più tende alla perfezione tanto più ci mette in
situazioni di scacco. Ci poniamo degli obiettivi ma la paura di non
riuscire a raggiungerli nella perfezione con cui li abbiamo
immaginati può portare al blocco. Il rischio è come può succedere
a Musa: l’immaginazione sconfina nella fantasticheria, si
immaginano cose grandiose ma non si riesce a mettersi in gioco nel
mondo reale, rimanendo spesso in uno stato che assume tonalità
depressive. Oppure può avere a che fare con Madre Coraggio, e quindi
con l’immagine ideale che ci siamo costruita di noi e che vogliamo
che gli altri vedano. E facciamo di tutto per mantenere questa
immagine sublime.
All’opposto,
Libera o Spavalda richiamano la tendenza all’eccesso con la
difficoltà a riconoscersi dei limiti.
Dimensioni
quali stati mentali ed emozioni sono ben rappresentati attraverso le
ragazze: la paura e l’insicurezza, ma anche il desiderio ed il
coraggio di osare, l’ansia che si cerca di gestire attraverso
meccanismo di controllo; il senso di colpa, che pure ha una funzione
importante nell’economia psichica. Infatti, nella giusta misura,
assume una funzione di regolazione e di elaborazione di quegli
impulsi diretti ad aggredire ed a volte distruggere l’oggetto
affettivo, poiché attiva i meccanismi della riparazione e del
riconoscimento verso l’oggetto d’amore. Ma quando non si riescono
ad attivare questi processi, il senso di colpa può portare a disagi
vari di ordine emotivo. Si fa riferimento al narcisismo, con la sua
ricaduta nel rapporto interpersonale e col mondo. Un aspetto
importante che viene messo in evidenza, attraverso Spavalda, è il
riferimento alla parte maschile che è in noi, il cui emergere viene
ricondotto ad una evoluzione della femminilità che ricorda la teoria
freudiana: il passaggio da Candy Candy a Lady Oscar, come figlia del
padre, ricorda il concetto della bambina che si scopre come essere
mancante, che come tale non può essere amata dal padre e quindi si
adopera per diventare il figlio che, immagina, il padre avrebbe
desiderato. Su questo, per fortuna, la teoria elaborata dalle
studiose psicoanalitiche è andata molto avanti. Oggi sappiamo che la
considerazione di alcuni tratti che, in origine, venivano etichettati
in maniera piuttosto rigida come attributi maschili o femminili, si è
modificata. Ci sono aspetti della psiche (quali, ad esempio:
sensibilità, emotività, forza, durezza, intraprendenza, coraggio,
disponibilità ai comportamenti di cura) che, quando li ritroviamo in
ognuna/o di noi, li accettiamo come parti integranti del nostro Sé,
che si determina nell’interazione tra natura e cultura, senza per
questo sentirci meno donne o meno uomini.
In
tutto questo universo, che comprende il richiamo all’equilibrio,
alla mediazione, al saper riconoscere gli aspetti positivi di tutte
le abitanti del condominio interiore, la funzione rilevante è svolta
dall’Io, che è quell’istanza psichica che presiede
all’adattamento, al confronto e al dialogo nell’interazione con
la realtà, che ci permette di stare al mondo con sufficiente agio e
signoria.
Un
ultimo riferimento vorrei farlo all’invito ripetuto delle due
autrici ad amare e ad essere felici. Infatti, come loro affermano,
anche se non siamo perfette, anche se le nostre parti spesso sono in
conflitto, tutte queste parti siamo noi. E rappresentano la nostra
unicità, la nostra bellezza, la nostra ricchezza, che ci permettono,
nel rispetto e nell’amore per noi stesse, di trovare la nostra
musica personale e di scoprire i nostri talenti, lottando anche, se
necessario, per affermarli.
Vorrei
concludere con una frase che si trova alla fine del libro:
“ricordiamoci che questo mondo – le nazioni, le aziende, le
città, le famiglie, gli individui – ha bisogno delle donne. Di
tutte noi, e di tutte le donne che sono in noi”.
Soverato,
26 maggio 2021
CLAUDIA
PARZANI FRANCESCA
ISOLA
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